La gastroenterite stafilococcica è una malattia a trasmissione alimentare causata dall’ingestione di alimenti che contengono una o più enterotossine prodotte da alcuni ceppi di stafilococco.
I sintomi della gastroenterite generalmente si sviluppano tra le 2 e le 6 ore dall’ingestione del cibo contaminato, perdurano per circa 24-48 ore e si caratterizzano in nausea, vomito, crampi addominali, diarrea, sudorazione, cefalea, prostrazione e a volte calo della temperatura corporea. Il tasso di mortalità è molto basso e la terapia per soggetti immunocompetenti è limitata al riposo e al mantenimento dell’idratazione.
Gli stafilococchi sono un genere di batteri che comprende oltre 30 specie, non tutte hanno rilievo dal punto di vista igienico o medico e non tutte producono tossine. Alcune di queste però, fra cui soprattutto lo Staphylococcus aureus, possono costituire un pericolo per la nostra salute se vengono a contatto con gli alimenti e si creano le condizioni per lo sviluppo del batterio e la produzione delle enterotossine. Le enterotossine sono delle proteine termostabili che la cottura non riesce ad inattivare. Possono quindi essere presenti anche negli alimenti in cui il microrganismo è stato eliminato dal calore.
Le fonti della contaminazione degli alimenti sono l’uomo e gli animali, in modo particolare quando affetti da patologie alle prime vie respiratorie, ferite e mastite. Per esempio nelle vacche da latte, lo stafilococco può causare mastite stafilococcica e se il latte prodotto da vacche infette viene consumato o utilizzato per produrre formaggio è molto probabile contrarre la tossinfezione.
Nell’uomo il numero maggiore di stafilococchi tende a concentrarsi nelle aperture del corpo come le narici, le ascelle, le aree inguinale e perineale. I portatori nasali e gli individui affetti da foruncoli e pustole su mani e braccia ai quali è permessa la manipolazione degli alimenti sono fonti di infezione possibile.
Quali sono gli alimenti più frequentemente contaminati?
Gli stafilococchi possono essere presenti in una vasta gamma di alimenti non sottoposti a trattamenti termici, e molti alimenti diversi sono stati associati a epidemie di gastroenteriti stafilococciche in passato.
Molto spesso si tratta di prodotti molto manipolati o trasformati da persone con scarsa igiene personale, e successivamente non cotti o non refrigerati in modo adeguato. Oppure ancora, preparati con troppo anticipo rispetto al momento previsto per la somministrazione e mantenuti al caldo a temperature favorevoli alla crescita batterica.
La contaminazione delle pietanze può quindi avvenire prima o dopo la cottura, mentre la fase più pericolosa per la produzione della tossina è fra cottura e distribuzione.
Tutti questi fattori fanno sì che lo stafilococco sia un microrganismo patogeno frequentemente coinvolto in episodi di tossinfezione nell’ambito della ristorazione collettiva. In tale contesto infatti può accadere che l’alimento cotto venga lasciato a temperatura ambiente ed esposto all’aria permettendo al microrganismo di moltiplicare e produrre la tossina. Nel caso in cui la contaminazione dell’alimento avvenga dopo cottura, la moltiplicazione del microrganismo è favorita anche perché non c’è la competizione di altre forme microbiche.
È inoltre un batterio resistente ad alte concentrazioni di sale per cui anche i prodotti sottoposti a salatura possono essere fonte di intossicazione.
Come proteggersi?
Non è possibile determinare se un alimento contiene alte cariche di stafilococchi o enterotossine con un semplice esame visivo; anche l’eventuale riscaldamento o cottura dell’alimento non è sufficiente ad evitare la gastroenterite in quanto, se presenti, le tossine sono fortemente termostabili (con un trattamento a 121°C per un’ora si riducono circa del 50%).
L’unico modo per evitare tossinfezioni da stafiloccocco è quindi prevenire la contaminazione degli alimenti: bisogna curare l’igiene personale e la pulizia degli ambienti in cui si prepara e cucina il cibo, e dopo la preparazione consumarlo il più velocemente possibile in modo da non dare alle forme microbiche il tempo di moltiplicarsi.
Quando necessariamente intercorre del tempo fra preparazione e somministrazione, bisogna mantenere i cibi cotti sopra i 70°C e, se necessaria la conservazione, procedere con un raffreddamento rapido al di sotto dei 7°C.
Quando mangiamo fuori casa invece non possiamo fare molto, a parte lavarci le mani e scegliere bene il ristorante: dobbiamo più che altro confidare che i piatti siano stati preparati con attenzione all’igiene da parte del ristoratore. In questo senso è molto importante che i ristoratori istruiscano gli operatori in merito all’igiene personale e della lavorazione, oltre che ai metodi adeguati di cottura e refrigerazione.
Riferimenti
- Giaccone V., Colavita G. (2015). Principi di microecologia degli alimenti. Point Veterinaire Italie;
- Jay J.M., Loessner M.J., Golden D.A. (2009). Microbiologia degli alimenti. Springer
- Galli Volonteiro A. (2005). Microbiologia degli alimenti. Casa editrice Ambrosiana
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